“La proprietà privata – scrive Robert Castel – rende
inutile il sociale, inteso come l’insieme dei dispositivi che saranno attivati
al fine dei compensare il deficit di risorse necessarie per vivere in società
con i propri mezzi. Gli individui proprietari possono proteggersi da soli
mobilitando le proprie risorse.”
E' ancora vero questo presupposto proprio della modernità?
Se la proprietà privata era posta alla base di un sistema di sicurezza sociale – rappresentando, come scriveva Charles Gide nel 1902, “una istituzione sociale che rende tutte le altre pressoché superflue” – ciò era dovuto alla “solidità” su cui la sicurezza si fondava. La casa, prima di tutto, luogo sicuro per eccellenza, in cui rinchiudersi per difendersi dai pericoli esterni, grazie alla materialità delle mura, delle porte, delle recinzioni, dei sistemi d’allarme, dei cani da guardia, dei vigilantes e, in ultima analisi, delle armi da fuoco.
Se la proprietà privata era posta alla base di un sistema di sicurezza sociale – rappresentando, come scriveva Charles Gide nel 1902, “una istituzione sociale che rende tutte le altre pressoché superflue” – ciò era dovuto alla “solidità” su cui la sicurezza si fondava. La casa, prima di tutto, luogo sicuro per eccellenza, in cui rinchiudersi per difendersi dai pericoli esterni, grazie alla materialità delle mura, delle porte, delle recinzioni, dei sistemi d’allarme, dei cani da guardia, dei vigilantes e, in ultima analisi, delle armi da fuoco.
La proprietà privata rappresenta, nella modernità,
l’equivalente del borgo fortificato, con i suoi bastioni che segnano il confine
tra il dentro e il fuori, tra il noto e l’ignoto, rafforzati dall’identità
culturale che lega tutti i componenti della comunità.
L’emancipazione, il progresso economico e l’espansione su
largo raggio degli scambi commerciali e culturali, hanno rotto i confini delle
città murate, spingendo a fare della proprietà privata l’estremo baluardo
individuale. Il borghese si costruisce da solo le sue difese, in campagna come
in città, ed è supportato da uno Stato che ne riconosce la legittimità come
diritto inalienabile.
L’equilibrio regge finché perdura la consuetudine di una
vita familiare e lavorativa basata su una routine consolidata, su tempi lunghi
e diritti acquisiti. Dove l’uomo ha uno status indiscutibile e
s’identifica con la sua professione. Il luogo di lavoro e la propria casa sono
entrambi punti fermi che garantiscono la sicurezza e si possono trasferire
alle generazioni future. La proprietà privata, assieme alla sicurezza materiale
che ne deriva, è un bene duraturo e certo.
O, meglio, dovremmo dire “era”, al passato. Questo perché il progressivo passaggio della società solida a quella liquida (Bauman), ha modificato le cose. Ne ha stravolto le caratteristiche, mettendo in discussione l’idea stessa di sicurezza.
O, meglio, dovremmo dire “era”, al passato. Questo perché il progressivo passaggio della società solida a quella liquida (Bauman), ha modificato le cose. Ne ha stravolto le caratteristiche, mettendo in discussione l’idea stessa di sicurezza.
Le modalità dell’esistenza dell’individuo al tempo della
società liquida sono sotto gli occhi di tutti. Un aspetto non marginale di tale
mutamento, al di là delle conseguenze più evidenti che la liquefazione sociale
ha prodotto, è la mobilità individuale. Non intendendo con questo né
precarietà del posto di lavoro, né tantomeno l’attraversamento delle frontiere.
Mobilità individuale è qui intesa nel senso della
drastica diminuzione della percentuale di tempo trascorsa all’interno della
propria abitazione o nei luoghi di lavoro. Oggi la casa non è un rifugio, ma il
luogo in cui dormire, consumare pasti, ricevere gli amici e conservare le proprie
cose. Più una base di partenza e una sorta di albergo personale, in cui
cambiarsi e riposare, per poi riprendere il cammino lungo le vie del mondo. La
vita si svolge altrove. È tutta proiettata all’esterno.
Si esce di casa più spesso, si mantengono molteplici
rapporti sociali, costruendone di nuovi, anche se non duraturi. Ma vivere fuori
casa e viaggiare, oltre che a contraddire i principi ricordati da Robert
Castel, espone a rischi più elevati.
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